Direttiva Bolkestein, è corsa contro il tempo
Nuvole nere si stanno addensando sulla prossima stagione estiva. Vengono dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: a giugno, secondo i bene informati, emetterà una sentenza che potrebbe stravolgere il futuro di un’intera fetta di economia balneare. Ecco perché il governo, con le linee guida per la riforma delle concessioni demaniali, e alcune regioni come Toscana e Campania, con leggi approvate in extremis, stanno cercando di trovare una soluzione a questo interregno tutto italiano.
Sul Corriere di Bologna Francesca Candioli e Andrea Rinaldi ripercorrono la storia, i commenti e i dettagli sulla Direttiva Bolkestein.
LA STORIA – Anno 2001: la legge 88 introduce il meccanismo del rinnovo automatico della durata delle concessioni demaniali marittime: durano 6 anni e alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri 6 e così via a ogni scadenza. Nel 2006 arriva la legge 296 che prevede la possibilità di essere titolari di concessioni demaniali marittime per non meno di 6 anni e non oltre i 20. Nello stesso anno l’Unione Europea emana la direttiva 2006/123/CE nota come direttiva Bolkestein. La legislazione italiana la recepisce nel 2010. Per effetto di questa «direttiva servizi», le concessioni sul demanio marittimo non potranno più essere rinnovate automaticamente, ma dovranno essere oggetto di un bando con procedura di evidenza pubblica alla loro scadenza. Nel 2015 è scaduta la proroga delle concessioni balneari che l’Italia aveva concordato con la Commissione Ue. La successiva proroga al 2020 è stato un atto unilaterale, compiuto dal parlamento italiano e mai notificato né tantomeno approvato da Bruxelles. Il governo Renzi aveva intrapreso un negoziato con la Commissione Europea, non solo per confermare, ma anche per prolungare tale proroga. A seguito di due rinvii pregiudiziali (innescati dai Tar di Lombardia e Sardegna) alla Corte di Giustizia del Lussemburgo, la Commissione ha sospeso il negoziato, in attesa delle indicazioni della stessa Corte. Secondo alcuni giuristi, la Corte potrebbe accettare o rigettare la proroga del 2020, oppure lasciare ai giudici nazionali una discrezionalità caso per caso nel valutare se gli investimenti siano stati ammortizzati. Tenendo conto della decisione della Corte l’Italia dovrà poi adottare una nuova legge. Ed è qui che entra in gioco il ministro degli Affari regionali Enrico Costa.
LA POLITICA – «Le linee guida sono pronte — ha detto lunedì a Rimini il ministro — la riforma delle concessioni balneari intende avviare il passaggio verso il nuovo regime di evidenze pubbliche, tenendo conto che non può esserci un cambiamento dalla sera alla mattina, per cui stabiliremo un adeguato periodo transitorio e tuteleremo gli investimenti delle attuali imprese». «Si parte da una base ancora generica, ma ci sono tutti gli elementi per fare un buon lavoro — è la chiosa dell’assessore regionale al Turismo Andrea Corsini — ci auguriamo che il periodo transitorio, per entrare nel regime delle evidenze pubbliche, non sia inferiore a 15 anni e servirà ai comuni per adattarsi, cioè monitorare le concessioni, rivedere la linea demaniale e consentire l’ammortizzazione degli investimenti fatti dalle imprese balneari in questi anni». La riforma, secondo Corsini, vorrebbe inoltre stabilire una durata variabile delle nuove concessioni in base agli investimenti e determinare un indennizzo per chi la perderà. Il deputato Ncd Sergio Pizzolante però chiarisce: «Non saranno di certo 2-3 anni, ma nemmeno 30-40». «Da 8 anni aspettiamo che il governo faccia chiarezza su questa direttiva. Da anni siamo in una situazione di stallo, tutti gli investimenti sono bloccati, viviamo nell’incertezza e nel frattempo perdiamo quote di mercato. In Spagna hanno allungato le concessioni di 30 anni, per noi, invece, che gestiamo queste spiagge da decenni, la stagione 2016 potrebbe essere l’ultima», è amareggiato Simone Battistoni, presidente degli Stabilimenti Balneari di Confcommercio Emilia-Romagna. «Siamo abbastanza fiduciosi, sembra che questa volta il governo stia lavorando per davvero a una legge per il riordino delle concessioni. Speriamo in un testo che, oltre a farci andare a evidenza pubblica, ci tuteli in tutti i modi. Sia dando degli indennizzi a chi perderà il proprio stabilimento, e sia dando la precedenza in fase di trattative a chi per anni ha gestito al meglio il proprio lavoro», fa eco Mauro Vanni, presidente della Coop Bagnini Rimini.
(continua a leggere sul Corriere di Bologna)